Scrittura Creativa

Scrittura Creativa: una Poesia per Tabita

Tabita Nome

Tabita

Lontano nel tempo e dal nostro vissuto
fanciulle di un altro colore ridevano,
addolcendo l’impervio sentiero
che dal loro padron le conduceva.

In fondo al gruppo c’era Tabita,
rassegnata a non aver pace
come la foresta obbliga i suoi fiori
a sporadici raggi di luce.

Le ragazze ritornavano stanche
dopo ore passate a esercitare il “mestiere”:
farsi oggetto delle voglie più vili
di sventurati senza censure.

Per Tabita ogni notte era però la stessa:
solo il padron poteva violarla,
geloso custode dei suoi segreti talenti
e dei suoi occhi troppo brillanti.

“Tabita la Favorita” fu subito ribattezzata,
maledetta da tutte cagna infingarda,
il cui sguardo ingenuo e buono
scioglieva persino il potere più cupo.

Divenne quindi una stucchevole prassi
addebitare il malcontento a Tabita,
per un perverso legame di natura
tra la serpe del peccato e l’iniqua povertà.

Rea senza colpe per l’altrui egoismo
dovette sopportare ogni sorta di astio:
comunione di intenti di bocche ingiuriose,
una madonna sfregiata da malefiche accuse.

Allorché un mattino di Novembre,
una nube fredda e scura avvolse Tabita,
ottenebrando il colore delle cose,
privando il mondo delle sue forme meravigliose.

Per sempre al destino
s’arrese costei,
gli occhi fissi su un punto
senza più traccia d’intendimento.

Morì Tabita, per ben due volte,
e se lo sparo lo scrisse sul viso,
la firma ferale l’appose
ogni mancato sorriso.

Chi dei cieli va annunziando il Regno,
è solito adagiare il dolore all’ombra di un sogno,
come se un dolce avvenire spettasse di diritto
a chi, nella vita, ha patito troppo.


Ma tempo fa, in un diario, capii chi era Tabita.
Divampò dentro me il fuoco della sua lotta,
deciso a irradiare il più assoluto grigiore
con tutte le tonalità espresse dal mio cuore.

E fu così che vidi morire il bruco e la pupa,
di odio e gelosia,
fino al lucente nascere di una farfalla:
si chiamava Poesia.

Tabita | Un Nome e Una Poesia

Tabita è il nome di una donna schiava. Questa poesia è il suo grido di libertà.

 

Breve commento finale

Ho scelto di scrivere questa poesia per tentare di trasformare una storia di miseria e squallore in un canto destinato a volare libero nel cielo.

Questa poesia è una storia di schiavitù e sfruttamento, che accomuna le donne schiave di ogni epoca. Ho scelto di dare alla protagonista il nome di Tabita, di origine aramaica, per la sua musicalità e il suo significato: Tabita è, infatti, un nome muliebre e significa “gazzella”.

Il destino di una gazzella è quella di dover vivere sempre in pericolo, circondata da bestie feroci che la vedono solo come preda. E la gazzella deve sfruttare le sue caratteristiche per sopravvivere, ovvero correre il più velocemente possibile, per ritrovare una pace che ha il sapore solo di una tregua.

Ho immaginato la mia Tabita proprio così: costretta a vivere in un ambiente ostile, con una corsa affidata a delle parole scritte in un diario, in cui confessare i propri sogni e sputare fuori la rabbia, alla ricerca di una pace che dura solo pochi istanti.

Uno iato dentro un destino da preda.

E il “ritrovamento” del suo diario mi ha permesso di scrivere questa breve poesia, in grado di eternare la sua memoria e, con essa, quella delle tante vittime delle pieghe malvagie dell’animo umano.

 

Stefano Airoldi

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1 Comment

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    L’eterno conflitto tra Sogno e Incubo | Letterariamente...
    30 aprile 2013 at 16:03

    […] Dal diario di Tabità: […]

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